In tutto il mondo, in azienda si comunica tramite app. E si comunica qualsiasi informazione, ovunque, con chiunque. Ma è tutto oro quel che luccica?
L’uso delle app di messaggistica instantanea è pervasivo non solo nella vita privata, ma anche in ambito aziendale. La diffusione capillare nonché l’efficacia e la tempestività che garantiscono hanno fatto sì che organizzazioni piccole e grandi deleghino sempre più a questi strumenti la gestione del rapporto di lavoro, delle relazioni tra colleghi nonché di quelle di business vere e proprie.
È insomma ormai comunemente accettato che in azienda comunicazioni e scambio di documenti, anche di natura confidenziale, avvengano tramite chat.
Alla valutazione dei vantaggi che le aziende ricavano soprattutto in termini di velocità e semplificazione nella condivisione delle informazioni non è però stata generalmente affiancata una stima dei rischi cui l’organizzazione si espone.
Al di là del valore legale e documentale delle chat (si pensi al caso in cui si comunica al datore di lavoro la propria assenza per malattia), ancora non regolato dalla legge ma solo da sentenze, le aziende dovrebbero considerare infatti se lo strumento scelto risponde agli standard oggi richiesti in materia di privacy e sicurezza.
Non è raro infatti che queste app rivelino falle importanti in quanto a sicurezza e protezione dei dati, questioni tutt’altro che irrilevanti per le imprese. Recentemente, Pavel Durov, il fondatore di una di queste app (Telegram), ha ad esempio espresso forti riserve sull’efficacia della crittografia end-to-end di alcune applicazioni per garantire la sicurezza delle comunicazioni.
Come tutto ciò può avere dei risvolti negativi per l’impresa? Basti pensare che su questi canali passano dati personali di clienti e dipendenti, dati che costituiscono la proprietà intellettuale dell’azienda, dati inerenti il suo business, dati sul suo network di clienti e fornitori.
In altre parole, il cuore pulsante dell’azienda.
La domanda relativa a quali tecnologie sia meglio affidare le comunicazioni dentro e fuori all’azienda è di quelle dunque che meritano attenzione. E a questa domanda dovrebbe fare seguito una prima, seria riflessione su quale sia oggi il perimetro digitale dell’impresa.
Quali siano i suoi confini, e come proteggerli.
La definizione del perimetro digitale aziendale parte anche dalla consapevolezza che la scelta degli strumenti tecnologici va calibrata sulle necessità e sui rischi aziendali, che i dipendenti vanno adeguatamente formati e attrezzati a gestirli, che l’azienda è un ecosistema aperto che vive di continui scambi con altre realtà, con tutte le sfide che questo comporta.
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