Ormai da settimane si discute dell’eventualità di rilasciare un “pass” che accerti l’avvenuta vaccinazione contro il Covid come condizione di accesso a determinati servizi o luoghi (aeroporti, hotel, palestre, cinema, ecc.) .
Tra le varie possibilità, si è ipotizzato anche di sfruttare soluzioni digitali, come ad esempio un’applicazione ad hoc.
Qualora si decidesse di far ricorso a strumenti di questo tipo, il Garante per la privacy ha ricordato ai decisori pubblici e agli operatori privati come le regole sul trattamento dei dati personali rimangano una protezione essenziale nei confronti dei cittadini, e che allo stato attuale non siano previste deroghe in questo senso.
“I dati relativi allo stato vaccinale sono dati sensibili, e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenze che, nel caso di specie, potrebbero tradursi in violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali.”
Il Garante ritiene infatti che il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale debba essere oggetto di una legge nazionale, che tenga in considerazione i criteri relativi al trattamento dei dati personali, e in particolare, quelli di proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione dei dati, per bilanciare l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza.
In assenza di un’adeguata base giuridica normativa, che dovrebbe comunque essere “vagliata” dal Garante relativamente alle disposizioni in materia di trattamento dei dati personali, l’utilizzo di qualsiasi strumento lesivo della privacy dei cittadini al fine di monitorarne lo stato vaccinale, sia da considerarsi illegittimo.
La questione sarà oggetto di una prossima segnalazione al Parlamento.
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